Fenomenologia dei Flash Games


Ci sono due visioni opposte della tecnologia. La prima è che sia parte di noi, la seconda è che non lo sia. La mia teoria asseconda la prima: il Technium è necessario per essere completamente umani. Quando creiamo arte, inventiamo strutture sociali e mappiamo l’universo, scopriamo chi siamo. Senza queste invenzioni—comprese quelle più “semplici” come poesia, abiti, fuoco o strumenti—non ci conosciamo davvero. La tecnologia non solo rivela la nostra umanità, ma è il modo in cui la esercitiamo. Creiamo la nostra umanità tramite la creazione del technium.
- Kevin Kelly, 2004



Essendo parte di una generazione nutrita da Internet, soprattutto durante il periodo in cui il cervello è al suo stato più malleabile, gli Zoomers hanno speso un significante numero di pomeriggi a giocare ai Flash Games.
Su Unkanny abbiamo affrontato più volte l’idea che Internet si sia trasformato da un cyber-spazio intrinseco ad una manifestazione di uno spazio interiore. Questa teoria è generalmente indicata con il termine VCC (Virtual Internet Unconscious) ed è stata coniata dai due scienziati comportamentalisti Yousri Marzouki e Oliver Ouille. Radicata nelle nozioni filosofiche di Jung sull’inconscio collettivo e i suoi archetipi, il VCC è riconosciuto come un fenomeno in cui un vasto gruppo di persone condividono emozioni collettive ed esperienze su Internet, facendo collidere il mondo fisico con quello virtuale, e creando una significativa intelligenza condivisa che trascende entrambi. Internet è diventato un’estensione della nostra coscienza, e come definito dallo scrittore Shaikat Hossain, è “una potente forza di crescita ed autorealizzazione” (2012).
Questo perché attraverso la predisposizione ad esplorare il web in tenera età (i miei primi ricordi di Internet risalgono al 2003-2004, avevo 5 anni e sapevo come cercare su Google myscene.com e come navigare tra le grafiche glitterate come se fosse un istinto innato) con una supervisione quasi inesistente - i genitori della Gen X stavano imparando come gestire le connessioni LAN insieme ai loro figli - gli Zoomers hanno imparato molto di loro stessi e delle loro preferenze, rivelando un’umanità che internet, in maniera conscia od inconscia, ci stava fornendo.
E la nostra principale introduzione ad Internet erano i Flash Games: giochi al computer animati e gratis che sorsero e divennero popolari nei primi anni 2000.

In questo articolo, analizziamo l’appeal dei Flash Games e la loro risonanza nell’infanzia della Gen Z, riflettendo sulla nostalgia e su come questa possa distorcere la nostra percezione; sugli stereotipi di genere nel mondo del gaming; su come le grafiche semplicistiche richiamassero uno stile di vita semplicistico, e sulla differenza tra i bambini che nel 2008 giocavano su Miniclip e gli Ipad babies: le cose sono davvero cambiate?

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Una foto di me nel 2005 sul sito di Flash Games DIVASTARZ


PARTE UNO: CHE COS’E’ UN FLASHGAME

I primi anni 2000 sono stati caratterizzati da un boom mistico delle console portatili: c’erano il Nintendo DS, la Playstation portatile, il Nintendo Gameboy Advance e qualche irrilevante imitazione come la console N-Gage. Questi sistemi di gaming palmari avevano i bambini (e gli adulti) in pugno. Poter avere quel tipo di intrattenimento on the road era il sogno definitivo della società post Millennium Bug, che vacillava sull’orlo della rivoluzione tecnologica.

Nonostante il grande successo, a queste console mancava qualcosa di molto importante: l’accessibilità. Con le limitazioni dovute al supporto delle cartucce da gioco, solo poco tempo della giornata poteva essere dedicato alle console. E a quei tempi, il prezzo al dettaglio per una cartuccia Nintendo era di £35.99. Dato che i bambini non avevano entrate stabili, era chiaro che, per avere più giochi, i genitori dovevano essere persuasi. Essere costantemente stimolati era costoso.

Fino all’alba dei Flash Games.

La loro bellezza stava nel fatto che fossero accessibili e giocabili in qualsiasi posto con una connessione internet stabile e con ogni sistema operativo disponibile. Ma soprattutto, erano fonte di ore di intrattenimento a costo zero. Come previde l’autore di “Expanded Cinema” Gene Youngblood nel catalogo di una mostra d’arte nel 1982:

"Uno strumento è ‘maturo’ tanto più è facile da usare, accessibile a chiunque, capace di offrire alta qualità a basso costo, e caratterizzato da una pratica pluralistica anziché singolare, utile per una moltitudine di valori. Il professionalismo è un modello arcaico che sta svanendo nel crepuscolo dell’Era Industriale.…”

Negli anni 90, venne sviluppato un nuovo linguaggio di programmazione che permetteva agli utenti di creare contenuti e giochi per i browsers, sotto il nome di “Action Scripts”. Questi giochi sarebbero poi stati accessibili attraverso un sito chiamato “HotJava”.

Quando i siti di gaming di HotJava divennero popolari intorno al 1997 (C’erano i Multiplayer! E il tennis! E…piscine?) i pilastri dell’industria come Microsoft decisero di saltare sul carro. Ma la loro strategia non fu di successo, e richiedeva che le persone trasferissero i dati sui loro computer per poter utilizzare i giochi, rendendoli meno accessibili di quanto lo fosse HotJava.

Quando Flash spuntò sulla scena nel 1995 (e il suo nome era Future Wave Software), permettendo ai creatori digitali di animare le loro creazioni frame dopo frame su un’interfaccia visiva invece che tramite coding, gli squali dell’industria cominciarono a combattere per acquistarlo: fu alla fine ceduta ad Adobe, che cambiò il nome da “Future Splash Animator” a “Adobe Flash”.

Flash cambiò totalmente le carte in tavola soprattutto perché, fino a quel momento, la programmazione sembrava un linguaggio impossibile da decriptare. Grazie ad un linguaggio di scripting intuitivo, Flash incoraggiava la sperimentazione con le grafiche e gli strumenti di animazione, ed apriva le porte ai creatori con meno esperienza per farli scavare in un mondo fino ad allora ritenuto inaccessibile.

L’avvento di Flash catalizzò la nascita di potenze di internet come NewGrounds di Tom Fulp (Dove il video virale “Numa Numa” fu caricato prima di esplodere su YouTube 2 anni dopo), Miniclip, AlbinoBlackSheep, Girlsgogames e Friv. Una pletora di contenuti Flash venivano caricati su questi portali ad una velocità esorbitante da tantissimi content creators, che costituirono un database infinito di intrattenimento (sui loro computer casalinghi) per i ragazzini negli anni 2000 intorno al mondo.

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Format del Meme "I am this old"

PARTE DUE: L’EPIDEMIA FLASH E GLI STEREOTIPI NEL GAMING

L’eredità dei Flash Games diede i primi impulsi all’industria del gaming contemporanea, e la loro distribuzione fu molto estesa.

È da notare come la crescita progressiva della loro popolarità fosse anche legata al rapido diffondersi delle informazioni su Internet nei primi anni 2000, principalmente grazie al passaparola (o tastiera) sui primi siti di messaggistica istantanea (Messenger, AIM), E-mail e piattaforme di Social Media. I link ai file SWF venivano condivisi attraverso internet in pochissimo tempo. Probabilmente c’è stato un periodo in cui esistevano più Flash Games da giocare che persone sul pianeta.

In altre parole, ne eravamo dipendenti.

Con i Flash Games, potevi scegliere tra una vasta schiera di giochi di generi diversi. I giochi non erano sempre graficamente sorprendenti, e facevano affidamento al fondamentale aspetto del gameplay più che all’estetica.

C’erano Reskins (rielaborazioni) di giochi già esistenti come Sonic The Hedgehog, Super Mario e Pac-Man (che di solito avevano nomi ridicoli per nascondere la *cough cough* violazione del copyright). C’era un’abbondanza di videogiochi a piattaforme, puzzle, giochi di sparatorie e simulatori di cucina, anche Habbo Hotel: una grottesca chatroom tramite avatar dove i bambini cadevano in truffe scambiando valute virtuali e proprietà per soldi veri. Infatti, se sviscerato, il gioco intero era dominato da una filosofia del consumo dove la merce virtuale aveva lo stesso ruolo nella società di quella materiale. Club Penguin fece lo stesso qualche anno dopo, ma gli avatar, teneri e colorati pinguini, nascondevano le intenzioni maliziose di alcuni dei suoi utenti.

Una menzione d’onore va a: Quiz, Calcolatori di compatibilità e, una preferenza personale, i problematici Kissing Games, a cui era dedicata una sezione intera di gioco.it.


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Baci in ufficio: Kissing Game (2006?)


Inoltre, c’erano i giochi di Dress-Up (abbigliamento), in cui le mode erano (benché opinabili) rappresentative dei primi anni 2000 e 2010.

Internet era inondato da siti web come Girlsgogames e Stardoll, interamente dedicati al genere Dress-Up. Questi definirono l’era dei giochi online tanto quanto portali come Newgrounds, poiché si riferivano ad un gruppo demografico costituito principalmente (ma non necessariamente) da ragazzine.

Ciò è importante perché prima di allora, il gaming era stato fieramente indirizzato ai maschi, e la proporzione di gamers donne era molto più bassa a causa del fatto che nulla era pubblicizzato in maniera tradizionalmente femminile, in opposizione a quello che era il mondo violento ed iper-mascolino di AddictingGames.com.

Nel 2012, gli sviluppatori di Spilgames pubblicarono un report che “provava” al mondo che, sorprendentemente, anche le donne (più precisamente, 7.6 milioni di pre-adolescenti) giocavano ai videogiochi! E, soprattutto, i giochi “per ragazze” potevano fornire una “ingente opportunità per gli inserzionisti di raggiungere un pubblico coinvolto e redditizio”.

Quindi, sì, in altre parole, ragazzine = Capitale.

Anche se non c’era (e non c’è) alcun problema con l’apprezzare la femminilità tradizionale che Girlsgogames abbracciava, molti critici affermano che questi portali contribuissero ad espandere il gender gap e a rafforzare gli stereotipi. Perché pubblicizzare giochi di cucina ad un’audience femminile e giochi di guerra ad un’audience maschile? E perché si presumeva che un modo di giocare fosse “migliore” dell’altro?

Il volume di sociologia From Barbie to Mortal Kombat: Gender and Computer Games (1998) analizza il fenomeno dei gruppi demografici consapevolmente perseguiti dai promotori di videogiochi e descrive quanto i giochi violenti e targetizzati al pubblico maschile hanno dominato il mercato per decenni, portando le donne a non essere “attratte” dai videogiochi perché non erano rivolti a loro. Questo non implica che al pubblico femminile non piacesse giocarci, perché a molte piaceva e a molte altre sarebbe potuto piacere: solo che la loro esposizione al gaming “da maschi” era indiretta rispetto ai loro compagni, dato che “la cultura sembrava volerle allontanare forzatamente da ciò” (pag 12).

Per di più, quanto le bambine riuscirono ad afferrare una fetta del regno degli internet games, la società puntò immediatamente il dito verso di loro e verso gli sviluppatori di giochi per bambine, incolpandoli di fornire alle loro figlie contenuti “insipidi” e “frivoli” che ritraevano un solo stereotipo di donna. Sembrava che le donne fossero semplicemente destinate a non vincere mai. I loro gusti erano destinati ad essere contestati e sminuiti, con una critica “basata sull’avversione verso le preferenze estetiche delle donne [...] radicato nel presupposto che le donne disoccupate fossero senza cervello e consumatrici a-critiche della cultura patriarcale”. Ovviamente, supporre che la causa di ciò fossero giochi come “Vesti Justin Bieber!” o “Neopets” somiglia proprio ad un prodotto del pregiudizio patriarcale.


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Dress-up Justin Bieber!


PARTE TRE: MORTE ED EREDITA’ DI FLASH


Flash ha ufficialmente esalato il suo ultimo respiro nel dicembre del 2020, quando Adobe ha smesso di supportare il plug-in del browser. La ragione tecnica dietro la sua fine è che, durante il passare degli anni, Flash era diventato molto vulnerabile ai malware, ed era oramai diventata una piattaforma rischiosa da gestire, una volta rese disponibili opzioni più sicure come HTML5 o WebGL. Adobe l’ha descritta come una “semplice evoluzione”.

L’eliminazione di Flash ha anche avuto a che fare con il declino del numero di giocatori sulle sue piattaforme di gaming, dopo l'aumento dell’interesse nei confronti di popolari console moderne e giochi per il cellulare. Siti come quelli sopracitati sono ancora vivi e visitabili, ma la maggior parte dei giochi non sono giocabili. Navigando tra le icone incliccabili di addictinggames.com, si ha la sensazione di passeggiare attraverso un cimitero infestato, al crepuscolo, mentre leggi l’epitaffio ed il nome di qualcuno che non c’è più.


Proprio come internet stesso, anche noi siamo andati avanti rispetto ai minigiochi Flash, che sono adesso obsoleti alla nuova generazione che è cresciuta con un diverso approccio alla tecnologia. Il lockdown del 2020 ha visto un’impennata di giocatori utilizzare le piattaforme Flash come strategia di fuga - un modo per ricordare i giorni migliori, quando il mondo non stava per finire (o almeno, non prima del dicembre 2012). In ogni caso, si è trattato di un trend durato molto poco, solo fino alla fine delle restrizioni e alla chiusura di Flash arrivata qualche mese dopo.

Ho cominciato questo articolo parlando del fenomeno dell’”Inconscio Virtuale di Internet” (Virtual Internet Unconscious) - un’intelligenza digitale che va oltre la nostra coscienza umana per creare una nuova dimensione di ricordi ed esperienze comuni ad un largo gruppo di persone.

Con il passare del tempo, il VCC è cresciuto insieme ai suoi protagonisti, comportandosi come una “creatura con vita interna” (O’Gieblyn, 2020). Che non dimentica.



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il gioco "Zack and Cody's Tipton Trouble" da DisneyChannel.com


Questo è il motivo per cui questi sciocchi giochi animati detengono così tanto valore emotivo, perchè sono un’esemplificazione di tempi più semplici che tutti i bambini hanno vissuto nei primi tempi di internet, che risuonano perfettamente con la semplicità e l’aspetto spoglio delle grafiche di quei giochi. È stessa sensazione di sfogliare un album di famiglia e guardare un’immagine di te stess* da piccol* cullat* da qualche parente, con tutti nella foto che sembrano più giovani, più freschi, forse più felici. Il VCC restituisce la stessa nostalgia che un album fotografico può emanare, svelando ricordi dai più profondi, e spesso, più cari anfratti della nostra anima.


Tutti i giochi ancora funzionanti sui portali di ex-Flash games sono giochi clicca-e-trascina altamente disturbanti, appannati da squallide pubblicità e thumbnails da incubo. Dal rimuovere i brufoli alle principesse Disney a bootleg molto feticizzati di Minnie Mouse che partoriscono. La YouTuber Laurenzside ha pubblicato molteplici video in cui esplora la tana del coniglio di giochi come “Minigames di Rianimazione Ospedaliera” sui personaggi di Frozen. E ce ne sono molti.

Quello che è davvero interessante è come i format di questi giochi sembrano replicare quelli delle app per cellulari. Da quando le ultime generazioni di bambini hanno accesso illimitato ad internet sui loro telefonini e tablets, è ovvio che questi ricorrano all’App Store invece che ad un portatile per intrattenersi.

Le app sono estremamente facili da installare, e la maggior parte sono innocui format già provati nel regno dei Flash Games. Infatti, i giochi per il cellulare condividono le stesse idee di fondo e concetti dei Flash Games. La differenza principale è la regolazione che a cui i giochi vengono sottoposti prima di apparire sull’App Store. A differenza di Flash, dove il creatore poteva essere chiunque sulle proprie personali piattaforme anarchiche, dietro le app ci sono editori con l’obiettivo di collezionare dati sul loro target di consumatori. In più, la loro strategia di marketing è piuttosto aggressiva: una miriade di pubblicità di giochi per cellulari infestano i video di YouTube e l’algoritmo di TikTok. Le pubblicità assomigliano vagamente ai giochi stessi - in effetti, somigliano molto alle thumbnails grottesche dei defunti siti di Flash Games. Questi sono spesso esageratamente sessualizzati ed inappropriati (un esempio è l’esilarante recensione di Danny Gonzalez di alcune tra le pubblicità più oltraggiose di Lily’s Garden), e si basano sulla natura grafica di cose come procedure dentistiche, chirurgia, e il parto. Certo, ciò stuzzica la curiosità di tutti gli iPad babies lì fuori, pronti a cliccare inconsapevolmente su ogni singolo “Accetta il monitoraggio di terze parti” per poter giocare a “Baddie Hair Challenge”. Questi giochi non sono indirizzati a bambini o creatori, ma vengono vomitati da un inferno generato da AI (intelligenze artificiali) per capitalizzare sui bambini più vulnerabili e, curiosamente, sulle loro ansie.


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Un mini-game di girlsgogames sulla depressione, 2020


Vorrei ribadire, come punto finale, che No, le cose non erano migliori quando eravamo mocciosi nelle aule computer delle nostre scuole. E No, la Generazione Alpha (o gli ultimi Zoomers) non sono zombie senza cervello. In un modo o nell’altro, entrambe le generazioni sono state le cavie per tecnologie più accessibili, con tutte le complicazioni, gli scandali e i fraintendimenti che ne sono conseguiti. Nonostante gli scheletri degli antichi portali tormentati dalle pubblicità e le assurde app per cellulari sembrino incomparabili con Happy Wheels, il loro scopo primario è simile: intrattenere.

La cosa bella di ricordare attraverso internet è l’abilità di guardare il guscio di un vecchio sé, che sia tramite i Flash Games o altri punti fermi della nostra infanzia. I bei (certe volte traumatici) ricordi che la rete conserva diventano uno strumento per capire noi stessi e gli altri, confrontandosi e discutendo le stesse esperienze. Perché tutti abbiamo condiviso una profonda connessione con il Web.


E il giorno in cui i bambini che oggi hanno 7 anni discuteranno di quanto fossero incasinate le pubblicità di Piano Tiles 6 nel 2020, arriverà presto a farci sentire più vecchi, e più saggi.


Testo: Lulu Vicedomini

Traduzione: Arianna Caserta