Alla ricerca dello Zeitgeist con Nymphet Alumni, il podcast che analizza i trends del web

Ricordate i crop tops che citavano Touch my butt and buy me pizza? E le gonne da tennis di American Apparel? L’ossessione per Bella Hadid e le fotografie oniriche di Petra Collins? I profili Instagram di Joanna Kuchta e di Baddie Winkle?

Se la risposta è "sì" ad almeno una di queste domande, probabilmente, è perché fate parte dell’ampio gruppo di giovani cresciuti su internet; sì, cresciuti, perché ognuno di questi trend è nato ed è anche già morto, e i ricordi della loro esistenza giacciono in fondo ai profili di influencers, nelle pagine dedicate ai memes come @on_a_downward_spiral, o nei backup dei vostri vecchi smartphones: passati, superati, sostituiti. Eppure chi avrebbe mai pensato che Rookie Mag o il brand O’Mighty sarebbero diventati argomento di teorie sociologiche, guardate ed analizzate con attenzione ed occhio critico? Queste sono le “Culture Digitali”, e diventa sempre più imprescindibile conoscerle per poter comprendere lo status attuale dell’arte e del mondo stesso.

Quello che rende le Culture Digitali così interessanti, infatti, non è solo il fatto che si tratti di un campo sperimentale di nuove teorie emergenti e sempre in evoluzione, ma il fatto che, le generazioni native digitali, che sul web hanno vissuto ognuna di queste tappe come fossero eventi storici, siano adesso abbastanza coscienti del mezzo da poterne parlare criticamente, di poterle osservare con l’importanza che meritano, assumendo nei loro confronti una certa distanza ma con l’esperienza di averle vissute in prima persona. 

Si tratta dello stesso interrogativo che gravita intorno al termine Net-Art: è giusto parlare di Arte “digitale” o "nativa di internet" come distaccata dal resto dell’arte contemporanea? Si tratta internet come qualcosa di lontano e "altro", quando esso invece non solo determina la realtà, ma è un tutt’uno con essa: ognuno di noi si è immerso nelle fasi della storia di internet, in tutte le parti del mondo, dando vita ad un inconscio collettivo che ha però l’apparenza di essere individuale.

A partire da queste riflessioni, il podcast Nymphet Alumni osserva ad ognuno dei trends (passati, presenti e futuri) di internet analizzandone motivi e risonanze mediatiche. Creato da Alexi (@alexineutron), Biz (@markfisherquotes) e Sam (@bloodgobbler), tre ragazze provenienti dagli Stati Uniti e native della Generazione Y, Nymphet Alumni dà spazio ad ognuna delle cose che hanno segnato la storia della cultura digitale in modo finalmente appropriato, senza pregiudizi ma spesso condividendo storie personali che, incredibilmente, sembrano esserci accadute in modo quasi identico; perché siamo tutti parte della stessa comunità, quella di internet, ed è il momento giusto per cominciare ad aprire gli occhi e discutere di quello di cui scegliamo di far parte ogni giorno.



Unkanny Mag ha intervistato le tre creatrici di Nymphet Alumni sui Media Studies, sulla differenza tra Millennials e Zoomers, su quali saranno i trends futuri e sullo stato attuale delle culture digitali. 


Prima di tutto, ci piacerebbe sapere di più dei vostri backgrounds! Quali sono i vostri interessi, cosa avete studiato, e quando e come è arrivata l’idea per il podcast Nymphet Alumni?

Sam: Vivo in Texas, ho cercato di apprendere dall’università della vita, ma poi ho dovuto arrendermi ed iscrivermi ad un normale college, per una laurea di inglese. In generale, sono interessata alla comunicazione e alle culture digitali. Biz mi ha coinvolta nel podcast dopo aver parlato con lei per due settimane di “Anime Girls” e America tramite messaggi vocali. Ho conosciuto Alexi grazie a lei e mi sento onorata e molto fortunata di lavorare con due geni come loro.

Biz: Ho studiato storia dell’arte all’università, e nell’ultimo anno i miei hobby e i miei interessi —la fashion theory— sono conversi in un unico lavoro a tempo pieno. Quindi adesso sto provando a coltivare i miei interessi non redditizi, cose normali tipo guardare film come Salvate il soldato Ryan (1998), bere cioccolata calda, e passeggiare con gli auricolari nelle orecchie.

Alexi: Inizialmente avrei voluto diventare una critica d’arte, ma qualche anno fa ho realizzato che il mondo dell’arte stava attraversando il suo momento flop, e in realtà ero molto più interessata a passare il tempo online. Mi ritrovai a scrivere la mia tesi su Aliexpress, il Catfishing, cosa significa essere un K-pop stan, e Skincare Routines virali, affrontando ogni argomento con un pizzico di occhio critico. Ero segretamente una stalker di Biz dai tempi del liceo, e quando mi ha chiesto di partecipare al Podcast ho iniziato a piangere, tremare e vomitare.

Biz: Pubblicavo molti contenuti di analisi della moda per divertimento, e alcune persone mi dicevano “Fai un podcast!”; Parlavo con Alexi e Sam continuamente ed ero profondamente colpita dalla loro intelligenza e dai loro approfondimenti sulla cultura, volevo che lo facessero insieme a me. Sono contentissima di averlo fatto perchè adesso condividiamo letti a castello in un dormitorio del podcast stile Team 10.


Com’è possibile che gli argomenti trattati nel vostro podcast siano così di nicchia e così universali contemporaneamente?


Sam: Non ne sono certa, io penso che l’analisi di argomenti culturali “di nicchia” venga utilizzata come indicatore per critiche sociali più ampie. Ma è anche vero che nel nostro podcast noi discutiamo quasi sempre di argomenti legati al mondo di Internet, che è la digitalizzazione del nostro inconscio collettivo.

Biz: Penso che sia a causa di internet. Molti di noi apparteniamo a queste comunità online super di nicchia, che sembrano molto piccole ma in realtà contano più persone di quelle che crediamo, e ancora più gente che fa da spettatore ma non vi ci partecipa. Inoltre, la Gen Z e i Millennials più giovani sono letteralmente cresciuti su internet. Condividiamo tutti gli stessi ricordi che sono in realtà ricordi da una consumazione di media online collettiva. 

Ad esempio, abbiamo recentemente fatto un episodio sul brand O’ Mighty, che era molto popolare su Tumblr e Instagram intorno agli anni ‘10 del 2000. Abbiamo parlato dei tipi di ragazze che seguivano quello stile, e ricordarle mi è sembrato così viscerale. Ma se ci penso, difficilmente vedevo quelle ragazze nella città in cui sono cresciuta, le vedevo solo in foto online, e ciò sembrava la cosa più vicina a conoscerle per davvero.


In quanto due native della Gen Z, notiamo un grande gap tra gli Zoomers più giovani e quelli più adulti; c’è un’enorme discrepanza tra chi è nat* prima del 2003-2004 e chi è nat* dopo. Credete che ci siano delle grandi differenze anche tra i gruppi di Millennials? E quale credete sia la differenza più grande tra Millennials e Zoomers?


Sam: C’è sicuramente una differenza enorme tra Millennials più adulti e quelli più giovani, principalmente perché i primi non avevano così tanto accesso all’ “Online World” e dunque hanno una visione completamente diversa del mondo. Una volta che internet si è espanso, si è potuta osservare la nascita di micro generazioni tra i 2 e i 5 anni di differenza; penso che questo fenomeno sia applicabile per la maggioranza di differenze inter-generazionali. Ho la certezza che gli Zoomers più piccoli, coloro che sono ancora alle medie, ci saranno completamente irriconoscibili.

Biz: Si, come dice Sam. Le micro-generazioni sono reali — i sociologi o chiunque altro farebbero meglio ad ascoltare perché le loro stupide valutazioni sulle generazioni fanno schifo. Potrei scrivere un libro sulle micro differenze inter-generazionali, ma vi risparmio tutte quelle parole. Credo che una delle differenze sostanziali tra la Zoomers e Millennials sia che i Millennials fossero morbosamente ossessionati dall’idea di un'attenta cura selettiva per far fronte ad una instabilità socioeconomica, e onestamente, per far fronte al fatto che tutti fossero molto duri con loro. La Gen Z è ossessionata con il cercare un equilibrio tra caos e selezione, che sembra ancora più complicato.

Alexi: sono d’accordo con Sam. I primi Millennials sono sicuramente più attaccati alla loro infanzia costituita da media “fisici”, e sono quelli più propensi a collezionare vinili e roba del genere.


Qual è quel trend che sperate possa tornare di moda, e quale invece sperate non possa mai più vedere la luce del giorno?


Sam: Un trend che sembra oramai essere passato con la Generazione X è il desiderio di diventare una persona saggia e rugosa. Aspirare all’invecchiamento è molto sano per la nostra società. Attori dal viso vissuto, affermazioni come “queste rughe raccontano una storia”, parlare del senso della vita con degli anziani in cappelli da cowboy alla fermata del bus. Quando quest’attitudine è stata dimenticata, è sbiadita anche la voglia di godere delle proprie vittorie private e di mantenere il silenzio sulle proprie sofferenze. Non riesco a pensare a qualcosa che non vorrei vedesse più la luce del giorno, ma forse una rinascita di personalità di Youtube/Twitch che battibecchano tra loro. Quest’ultima potrebbe innescare un’estinzione di massa, e non possiamo permetterglielo.

Biz: Amerei vedere la gente vestirsi in base alla loro età e indossare vestiti speciali per certe occasioni. Tutto l’abbigliamento è molto casual e infantile, almeno negli Stati Uniti. Ad esempio, ho visto questo TikTok fatto da una ragazza quasi trentenne, che diceva di aver dovuto chiedere in prestito alla madre delle ballerine Tory Burch per un colloquio di lavoro, perché lei possedeva solo Demonias e Crocs. Credo che ci sia qualcosa di molto bello nell’avere uno stile che matura insieme a te, ed è qualcosa che è andato perso con la casualizzazione dell’abbigliamento. Quindi, si, smettiamo di vestirci come infanti sexy con un piercing all’ombelico e cominciamo a vestirci come Joan Holloway o Sophia Loren...

Alexi: Una cosa che vorrei sparisse è quell’atmosfera generale di disperazione, gelosia e bramosia, come ad esempio il Thinspo, l’adorazione di celebrità, avere una realtà idealizzata. Quando si è su internet è molto facile vedere i propri obiettivi così lontani dalla propria realtà. Ma è anche vero che sono stata cresciuta con gli insegnamenti di Marianne Williamson, quindi sono ossessionata da concetti come gratitudine e amor proprio, e mi rende triste vedere i miei coetanei soffrire perchè non saranno mai Lily Rose Depp. Quello di cui penso questa generazione abbia bisogno è una nuova era di speakers motivazionali.



Quale pensate sia il trend prossimo ad un ritorno?

Sam: Ho la sensazione che memes impressionisti che riciclano contenuti da iFunny o Ebaum’s world torneranno di moda, insieme all’umiltà e la gentilezza, la malinconia e il tragico al posto dell’ansia e la depressione, Jack Wills, l’acqua di colonia di Beverly Hills Polo Club, il sedersi in silenzio. Un inneggiamento alla sobrietà, donne che indossano cravatte della giusta misura, indossare scarpe jazz in discoteca.

Biz: L’essere ossessionati con i centri commerciali ma in modo molto femminile e normalizzato, e non in quanto “emo” o “mallgoth”. Penso stia già prendendo piede, ma sto parlando, ad esempio, di apprezzare Victoria’s Secret, candele alla vaniglia e lozioni profumate, drinks di Starbucks costantemente in bella mostra, rosa chiaro e orsacchiotti giganti (ma assolutamente non in uno stile “kawaii-gamer-girl” ”). Tipo “principessa dei ghiacci”, sorella del Christian Girl Autumn (ma non in senso Russian Bimbocore!!!). Anche Pretty Little Liars, Miley Cyrus nel 2012 e l’era delle foto scattate con la webcam sul Tumblr di Ariana Grande.

Alexi: Vorrei che ci fosse un periodo in cui il mondo della moda diventasse meno fasciante e incentrato sul corpo … Vorrei che per tutti lo spazio tra vita e fianchi fosse un segreto ben nascosto. Adoro le silhouettes degli anni 1910, come quelli nelle illustrazioni di Paul Iribe, abiti modellati come barili, sacchi e colonne; quello che mi piace chiamare “abbigliamento volumetrico”, come le prime collezioni di Balenciaga. Inoltre penso che sia bello che numerose culture, in un determinato periodo, abbiamo una versione propria di un indumento drappeggiato e avvolto da tanto tessuto, ad esempio i Sari, le toghe, e gli hanfu. A parer mio, l’unico modo per sfuggire al fascino del fast fashion è ritornare alla classicità antica di questi capi tradizionali.


Quasi alla fine del 2021, è possibile determinare uno Zeitgeist per i primi 20 anni degli anni 2000?

Sam: Decisamente qualcosa lungo le linee dell’espansione, la generalizzazione e l’integrazione. Praticamente, tutti i confini sono stati dissolti o si stanno dissolvendo, anche quello tra pensiero e comunicazione. È difficile da supporre, siamo ancora sull’orlo di qualcosa, una strana astrazione ontologica, a mio parere. Sembra che tutti stiano aspettando che qualcosa cambi, eppure non si accorgono di quanto il mondo sia già cambiato.

Biz: Non sono sicura che il vero Zeitgeist esista o esisterà ancora, nel futuro. Non in modo davvero definitivo. Nel podcast, dico spesso “zeitgeist-y”, piuttosto che etichettare qualcosa come “Zeitgeist”, perché la cultura oggi è così frammentata che niente riesce a fermarsi abbastanza tempo per definire lo spirito del tempo. Non abbiamo la soglia dell’attenzione nè le abilità di comprensione abbastanza alte per quello. Forse lo Zeitgeist delle prime due decadi degli anni 2000 è stata solo l’implacabile sintesi — tutto frullato insieme come la texture di un Cake Pop di Starbucks ricoperto di praline arcobaleno.


Redazione Unkanny